Nuove imprese, se una start-up non fa primavera
Il titolo di questa intervista è volutamente polemico. Abbiamo sentito Alberto Onetti, professore di management all’Università dell’Insubria oltre che animatore del blog Silicon Valley del Corriere della Sera, e presidente della fondazione Mind The Bridge. Sul suo blog qualche giorno fa Onetti ha analizzato i dati Unioncamere sulla nascita di nuove imprese giovani negli ultimi mesi, che registrano un vero e proprio boom: delle quasi 300mila imprese nate tra l’inizio dell’anno e la fine di settembre, infatti, oltre 100mila (il 33,9%) ha alla guida uno o più giovani sotto i 35 anni di età. Attenzione a gridare al miracolo, però, ha scritto Onetti, perché se è alto il numero di imprese che nasce, è alta (molto) anche la loro mortalità. Il saldo tra aperture e chiusure di imprese (+13 mila unità) è infatti il più basso della serie degli ultimi dieci anni.
Non sarà dunque che siamo di fronte a un “parcheggio per precari“, come ha scritto Onetti, con queste presunte start-up che nascondono in realtà finte partite Iva e esternalizzazioni farlocche? Gli chiediamo di spiegarci meglio la situazione. “Io non voglio assolutamente sminuire né tantomeno demonizzare le start-up nascenti in Italia” dice Onetti a L’Arancia. “Ma attenzione, perché queste nuove imprese sono molto fragili, con un tasso di fallimento dell’80-90 percento. C’è poi il rischio effettivo che si tratti di esternalizzazioni nascoste da parte delle aziende più grandi”.
Il problema è più ampio, sostiene Onetti: c’è infatti un dato strutturale che riguarda l’imprenditoria italiana; siamo un paese che non cresce dal 2000. Con un’industria che dopo il boom degli anni Settanta-Ottanta ha smesso di innovare e si è seduta sulle rendite di posizione maturate in quegli anni” dice preoccupato il professore. Anche la solita retorica italiana del “piccolo è bello” nasconde un problema: “Piccola è un’azienda che non è riuscita a crescere”, dice infatti Onetti, “dunque fa poca ricerca e sviluppo, e ha una scala non sufficientemente ampia per competere sui mercati”.
Detto questo, per Onetti il fenomeno delle nuove micro-imprese rimane molto interessante; poiché “assistiamo adesso a una nuova ondata di imprenditorialità, il che è comunque un buon segno, e oltretutto un’imprenditorialità con caratteristiche nuove rispetto al passato. Per esempio, una omogeneità tra nord e sud, senza quel difetto di origine che era il divario storico italiano tra Mezzogiorno arretrato e Nord industriale. Adesso il 39% delle nuove aziende crescono al Sud, per esempio. Infine, la nuova ondata di start-up e piccole imprese rappresenta una fondamentale palestra per nuovi imprenditori”.
Per formarli, per aiutarli a diventare “grandi” e a non soccombere, ci sono anche le iniziative di Mind The Bridge, l’associazione nata nel 2007 per aiutare a promuovere le idee innovative italiane presso e tramite la Silicon Valley. Con un occhio al panorama imprenditoriale italiano non solo in chiave di start-up: anzi, sempre più concentrato sull’imprenditoria classica: “ultimamente abbiamo allargato molto il focus” dice Onetti” e “dall’anno prossimo partiremo con dei corsi per imprenditori e manager, e poi con una angel school, cioè una scuola per investitori che vogliono spendersi nel settore delle start-up”.
A tale proposito, la Fondazione Mind The Bridge l’8 e 9 novembre presso la sede della Fondazione Corriere della Sera organizza a Milano un evento molto interessante dedicato a come investire nelle start-up. Il Mind the Bridge Venture Camp 2013 quest’anno concentrerà infatti l’attenzione sui temi dell’investimento da parte dei business angel, con crowdfunding e acquisizioni, nel corso di una due giorni che vedrà la presenza di ospiti italiani e internazionali di rilievo, da investitori ed angel a manager di grandi imprese. “Per l’edizione di quest’anno abbiamo deciso di non parlare di start-up” dice Onetti “di cui adesso parlano tutti, ma ci concentriamo sugli investitori, e in particolare sull’angel investment, cioè sui finanziatori di investitori innovativi. Guardiamo al fronte degli imprenditori, che spesso non sanno dove e come investire, spiegando loro perchè (e come) puntare su una start-up può essere un ottimo investimento”.